Qualche settimana fa ho lanciato il mio progetto rivolto ai giovani psicologi che vogliono avviare la loro professione.
Ho deciso di buttarmi in questa avventura perché ai miei tempi avrei tanto voluto un aiuto concreto, magari di un collega più grande, per cercare di barcamenrarmi con fiducia e senza ansia, nel magico mondo del lavoro.
Mi sembra doveroso dirti che, oltre all’empatia che comunque sento forte, questo progetto è per me un modo per sperimentarmi lavorativamente in un nuovo ambito, quello del tutoring delle giovani leve e sto già lavorando a delle proposte che sono sicura potranno piacerti.
Come funziona?
Gli psicologi o gli studenti di psicologia possono iscriversi a “La Stanza dello Psicologo“, uno spazio virtuale contenente risorse gratuite e utili all’avviamento della nostra professione ed essere sempre in contatto con me.
Oltre a questa area riservata, ogni giovedì’, rispondo e approfondisco una delle domande che mi sono arrivate attraverso i canalii web (mail, messenger, facebook, ecc…)
Lo faccio o attraverso un articolo, come nel caso di oggi, o con uno Psico-Chupito, un post su Facebook o un IGTV su Intagram breve e conciso che tutti possono leggere, anche i non addetti ai lavori.
Nella prima settimana dall’avvio di questa rubrica, sono arrivate due riflessioni e ho chiesto nelle stories su Instagram di scegliere con quale delle due cominciare.
Come hai potuto comprendere dalla lettura del titolo, l’articolo di oggi verte sulle variabili che possono incidere sulla carriera universitaria.
Partiamo dal messaggio che ho ricevuto e che mi ha dato la possibilità di approfondire questa tematica:
<<Spesso avere voti bassi è visto come sinonimo di ignoranza o incapacità a svolgere la professione Io ho problemi familiari pesanti […] e un disturbo d’ansia […] non so quanti penseranno “magari ha avuto problemi” piuttosto che “non è un genio” […]>>.
Ci tengo molto alla figura dello psicologo umano e credo che questo messaggio rappresenti ciò che ogni giorno, come studenti di psicologia prima e come psicologi dopo, viviamo nei confronti di chi, credendoci dei super eroi, non riesce a comprendere che siamo come tutti gli altri e come tutti gli altri, mangiamo, dormiamo, piangiamo e facciamo la cacca.
Credere, oltretutto anche tra colleghi, che uno psicologo debba essere sempre al top, in grado di gestire le situazioni sempre e comunque, è uno stereotipo che può produrre più problemi che agi.
Ovviamente la mia è una generalizzazione e non succede ogni volta e con tutti, ma credetemi sulla parola, ogni volta che leggo un post su uno dei gruppi riservati agli psicologi, i giudizi piovono a valanga e non è un bello spettacolo a cui assistere.
L’equilibrio è ciò a cui cerco sempre di aspirare, omeostasi tra le nostre competenze e le nostre fragilità per poter esserci veramente con l’altro.
Questo è il motivo per cui non credo molto nella media aritmetica perché qualche volta il più bravo a scuola non è necessariamente il più bravo nel lavoro.
So che la media in alcune università è conditio sine qua non per accedere, ad esempio, alla magistrale, e come promesso sarà l’argomento di cui parleremo la prossima settimana, però ad incidere sulla nostra carriera universitaria ci sono molte più variabili, alcune anche psicologiche, altre situazionali e sociografiche.
Partiamo con ciò che ci offre Mister Google.
Tra i fattori che sembrerebbero predittivi del successo accademico, vi sono:
- Il voto di maturità,
- Lo status socio-economico di provenienza,
- I risultati a test di ammissione standardizzati;
- I fattori psico-sociali: Motivazione alla riuscita, Motivazione verso gli obiettivi accademici, Impegno istituzionale, Coinvolgimento istituzionale e Coinvolgimento sociale
A determinare i risultati delle votazioni concorrono molti fattori che possiamo sintetizzare così:
- le capacità/motivazioni che gli studenti possiedono al loro ingresso all’università;
- l’efficacia della didattica del corso di laurea;
- la modalità valutativasoggettiva dei docenti del corso.
Vi sono degli elementi che favoriscono la votazione:
- Il genere femminile,
- Avere genitori con un buon grado di istruzione,
- Aver svolto gli studi superiori in un liceo,
- Avere ottenuto un buon voto di diploma superiore,
- Aver scelto il proprio corso di studi spinti da una forte motivazione di carattere culturale.
Il lavoro nel corso degli studi universitari pare essere un ostacolo al conseguimento di voti elevati. La classe sociale di origine, a parità di titolo di studio dei genitori, èdel tutto ininfluente.
Tratto e adattato da: G. Gasperoni e G.P. Mignoli, Votazioni agli esami e pratica della valutazione nei percorsi di studio universitari, in XI Profilo dei laureati italiani. Valutazione dei percorsi formativi nell’università a dieci anni dalla Dichiarazione di Bologna, a cura del Consorzio interuniversitario AlmaLaurea, Bologna, Il Mulino, 2010, pp. 217-241.
Il profilo Almalaurea mostra che, a parità di condizioni, sul voto di laurea incide anche un altro fattore, oltre a quelli citati sopra: l’aver intrapreso esperienze di studio all’estero e attività di tirocinio durante l’università.
Questo quanto trovato su google. Cosa notate?
Esatto, che tutti questi illustri studi non parlano mai delle variabili psicologiche, comportamentali e situazionali.
Vediamone alcune.
Variabili psicologiche:
- Autostima (processo che permette alle persone di attribuire a se stessi un valore positivo).
- Senso di auto-efficacia percepita (consapevolezza di essere capace di vivere le esperienze).
- Locus of Control (Attribuzione interna/esterna per i successi/fallimenti, ovvero la differente percezione che le persone attribuiscono agli eventi di vita e del controllo che ne hanno. Alcune persone attribuiscono i fallimenti/successi a proprie incapacità/capacità (locus of control interno) o agli eventi esterni, come la sfortuna/fortuna (locus of control esterno) e questo può influenzare il nostro senso di autoefficacia. Come cambia la percezione di noi se ci mettiamo nell’ottica di essere i maggiori “influenzatori” (sto troppo su Instagram…ehehe…) dei nostri successi e dei nostri fallimenti?.
- Capacità di non procrastinare, ovvero di non posporre il compimento di determinati compiti.
- Le paure che abbiamo, ad esempio la paura di sbagliare, di non essere all’altezza, ecc..
Il timore di essere valutati (che può comportare molta ansia come risposta ad una percezione di pericolo).
- La capacità di gestire gli eventi stressanti.
- Il background familiare di partenza.
Variabili comportamentali
Alcuni nostri comportamenti possono incidere fortemente sulla nostra carriera universitaria, e non solo:
La difficoltà a prendere una decisione.
- La difficoltà nella gestione del controllo.
- Il perfezionismo eccessivo (“devo fare tutto al massimo“)
- Metodo di studio e l’organizzazione dei tempi/spazi di lavoro (apprendimento di un metodo di studio efficiente ed efficace, nonché una gestione dei tempi e degli spazi che riesca a garantire una qualità del lavoro svolto).
Ad essere completamente dimenticate (almeno google non le mostra tra i risultati primari) sono quelle variabili situazionali che possono accadere durante la vita, tutta.
Vediamone alcune:
L’ansia, non nella sua risposta adeguata all’evento stressante che si presenta, ma come una risposta fisica e psichica sproporzionata all’evento attivante. Le difficoltà legate al sentirsi in ansia (o all’avere attacchi di panico) può riferirsi ad una paura eccessiva di trovarsi nella situazione ansiogena (ad esempio prima di un esame) o ad uno stato di perenne attivazione psichica e fisiologica nell’arco di tutto il processo di apprendimento. I motivi di questa risposta del Corpo possono essere molteplici e questa non è la sede per approfondirli.
- La depressione, intesa come una condizione di continua e profonda tristezza e sfiducia in se stessi e nel mondo, che può comportare una compromissione della vita sociale e lavorativa e può avere effetti molto gravi. Anche in questo caso non mi dilungo sull’argomento che potremmo (se interessa) trattare in un altro spazio.
- Una malattia/incidente proprio o di un familiare/persona cara. Durante il periodo universitario non siamo esenti da possibili eventi che possono cambiare tutta la nostra esistenza, sia perché ci colpiscono direttamente, sia perché colpiscono la vita di una persona cara. Non possiamo quindi esimerci dall’inserire questi eventi tra i fattori situazionali che possono toccare, se non addirittura stravolgere, la nostra carriera universitaria (e non solo…).
- L’inizio o la fine di una relazione. Spero bene che durante questo periodo della vita, si riesca a coltivare la propria vita sociale e questo richiede molti sacrifici, tempo a disposizione, organizzazione di questo tempo. Una difficoltà in questo ambito può comportare alcuni momenti di down della nostra carriera universitaria. Io spero che tutti possiate vivere questa fase della vita divertendovi e sperimentandovi il più possibile perché è un momento unico…che vecchia che sono eh?.
- Il luogo in cui si vive/studia può influenzare moltissimo. Pare che gli studenti fuori sede siano più efficaci in termini di tempo/voti rispetto agli altri studenti. Questo dato può essere dovuto al fatto che si hanno su di loro delle aspettative più alte e che queste aspettative motivano a fare meglio e in meno tempo. Ad influenzare questo dato potrebbe intervenire anche la maggiore libertà che si ha nell’organizzare e gestire i propri tempi. Uno studente fuori sede dovrà si entrare nell’ottica del vivere da soli (o con altri ma pur sempre fuori dal nucleo familiare), ma potrà farlo seguendo il proprio ciclo vitale (studiare di notte e dormire di giorno, ad esempio).
- Le persone che ci circondano incidono sempre su ciò che siamo e su ciò che viviamo quindi questo è un fattore determinante in qualsiasi momento della nostra esistenza. Pensare che non inciderà sulla carriera universitaria è un errore che può farci perdere il senso di ciò che facciamo.
Ce ne sarebbero di cose da dire, ma mi limito a questo perché credo che ci siano molti elementi sui quali riflettere.
Se vuoi puoi condividere l’articolo con altri studenti o colleghi e mi farebbe piacere ricevere un tuo feedback o degli spunti per ampliare il mio scritto.
Insieme è meglio, no?
A presto
Simona
p.s. Alle elementari sono stata una bambina brava, alle medie ho fatto cagarissimo e alle superiori frequentavo il Liceo Artistico e vivevo la mia adolescenza tra piercing e colori acrilici. Ho frequentato per un anno ingegneria edile e poi sono stata una studente fuori sede vivendo a Palermo. Solo da sola (scusate il gioco di parole) ho dato il massimo, accerchiata da amiche fidate, affinato il mio metodo di studio, uscendo la sera ma studiando quello che serviva, ho ottenuto ciò che desideravo: laurearmi in psicologia,senza distruggermi l’anima per un 24. Tutto ciò che ho vissuto, oltre che il mio modo di essere e di essere stata (sono stata la prima di tutta la mia famiglia a frequentare l’università) mi ha portata al raggiungimento dei miei obiettivi e, in parte, alla donna/professionista che sono oggi.