Come comportarsi con i figli adottivi: 5 regole valide per tutti

Come comportarsi con i figli adottivi?
Da professionista e da genitore adottivo, spesso pongo, e mi pongo, questa domanda. Non è una domanda a cui si può rispondere con un vademecum e il mio punto di partenza, se mi conosci ormai lo sai, siamo noi genitori. Parto da noi genitori, anche aspiranti tali, perché so quanto sia importante la comprensione di noi stessi nella crescita dei nostri figli.
In questo articolo voglio parlarti di alcune delle regole che, a mio avviso, possono davvero aiutare ad approfondire la nostra conoscenza e, in seconda battuta, il nostro modo di rispondere alle esigenze dei nostri figli. In questo modo riusciremo a dare risposte chiare a domande difficili, sapremo scegliere il nostro comportamento adeguandolo alle loro richieste.
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E quindi:
Come comportarsi con i figli adottivi?
Di pancia probabilmente stai rispondendo che bisogna comportarsi esattamente come con qualsiasi figlio, ma questa risposta non è valida per tutti i bambini adottivi e forse dovremmo dire che non è abbastanza nemmeno per i figli biologici.
Perché che significa comportarsi come con tutti i bambini?
Abbiamo forse noi tutti storie familiari fatte da genitori che hanno saputo comportarsi come dei genitori sufficientemente adeguati al nostro percorso di crescita?
Siamo stati tutti trattati con amore e rispetto o forse avremmo voluto che qualcuno li aiutasse a sciogliere le loro fatiche affinché potessero essere genitori più responsabili e amorevoli?
Quindi no, non basta essere genitori per crescere dei bambini.
Non basta essere genitori per sapere come comportarsi con i figli adottivi
E se forse il titolo di questo articolo potrà farti storcere il naso, il mio intento di oggi è quello di cominciare un viaggio fatto di conoscenza e consapevolezza nel mondo dei bambini e, soprattutto, nel mondo della relazione che noi genitori, aspiranti e non, vogliamo instaurare con loro.
E lo farò attraverso le prime 5 “”regole” su come comportarsi con i bambini adottivi valide per tutti: pure per il nostro bambino interiore.

1. Conoscere la storia
Forse meglio dovrei dire che una delle regole d’oro per essere buoni con noi e con i nostri attuali (o futuri) figli è quello di conoscere la nostra storia, le persone che hanno permesso di essere su questo mondo. Se già per noi questo aspetto può risultare difficile o addirittura doloroso, immaginiamo quanto sia difficile, se non impossibile, poi poter maneggiare la storia dei nostri bambini.
- Chi ci ha desiderati e perché?
- Qual è la storia che ci portiamo dietro?
- Ci sono stati degli ostacoli? Se si, di che tipo?
- Qualcuno si è opposto o i nostri genitori hanno dovuto combattere delle battaglie per averci?
- Ci sono stati degli eventi traumatici particolari prima, durante o dopo la nostra nascita?
Sono queste solo alcune delle infinite domande che possiamo farci per comprendere meglio la nostra storia.
Così come queste sono alcune delle domande che si faranno i nostri bambini e alla quale dovremo dare risposta, anche sapendo di dover rispondere “Non lo so“, ad alcune di queste.
Iniziamo a comprendere la complessità dell’avere una storia da comprendere e significare per poter poi essere narrata e vissuta senza sovrapposizioni con la storia di abbandono che i nostri figli si portano dietro a prescindere dall’età in cui l’adozione è avvenuta? Partire dalla nostra storia ci conduce automaticamente alla seconda “regola”.

2. Conoscere il nostro (e il loro) funzionamento
Che cos’è questo funzionamento di cui tutti parlano?
Il funzionamento è il mondo in cui ci muoviamo nel mondo, il perché ci muoviamo in quel determinato modo e non in un altro che è il risultato delle nostre componenti biologiche (una piccola parte) di cui ormai però sappiamo fanno parte anche le nostre memorie emotive (eh si, proprio di quelle che raccontano dei nostri antenati), del modo in cui le figure di accudimento si sono comportati con noi durante le prime fasi della nostra vita, a quanti e quali bisogni ha saputo o non saputo dare risposta e alla coerenza di queste risposte, degli eventi che ci sono accaduti in quei primi anni, delle relazioni che abbiamo istaurato negli anni successivi ai primi tre, giusto per dare una timeline (generale ovviamente).
Ma sappiamo davvero rispondere al modo in cui noi stessi funzioniamo?
Al perché alcune risposte esterne ci attivano sensazioni di pericolo, mentre in altre ci sentiamo al sicuro e pronti ad approfondire una conoscenza?
Nella maggior parte dei casi non sappiamo minimamente che cosa ci accade internamente quando siamo nel mondo, riducendo il tutto ad un semplice “Sono fatto così“, ma conoscere il proprio funzionamento, alla stregua della regola del conoscere la propria storia, sta alla base della nostra efficacia come genitori.
Immaginiamo poi la complessità di questo discorso quando, oltre al nostro, dobbiamo fare i conti con il funzionamento di un’altra persona, nostro figlio, che ha una sua storia, spesso sconosciuta, con cui noi prima di lui dobbiamo fare i conti e alla quale dobbiamo dare una risposta coerente ogni giorno della settimana, ogni volta – o il più possibile delle volte – ci si presenta.
Ed è a partire da questo che ci muoviamo sulla terza “regola”, quella che vale sempre, per tutti, in primis a partire da noi.

3. Comportandoci da figli
Se con i nostri figli ci comportassimo come avremmo voluto che i nostri genitori si comportassero con noi, che tipo di cambiamento potremmo scorgere nelle nostre e nelle loro vite?
Fatti i primi due passaggi, sulla nostra storia e sul nostro funzionamento, non sarebbe molto più semplice ed efficace poter vivere la genitorialità con consapevolezza e piacere, viverla come opportunità di crescita per noi e di sostegno alla crescita di un altro individuo?
Perché l’altro possa sentirsi parte di una famiglia, ma anche un individuo che esiste a prescindere da.
Perché si possa così promuovere la cultura dei figli come soggetti a se stanti, non di proprietà, liberi di differenziarsi per poter instaurare delle proprie relazioni.
A partire dall’avere dei genitori consapevoli e pieni della loro unicità, che non debbano tenere stretti i propri figli per riempire le proprie fragilità, che non debbano triangolarli per tenere i propri legami, che non debbano mai più trovarsi loro, e far trovare l’altro, nella situazione di sentirsi colui che ha “tenuto” la famiglia unita perché “siamo rimasti insieme per voi“.

4. Con rispetto, gentilezza, sincerità e ascolto
Conoscerci permette di conoscere anche l’altro, non crea troppa confusione e ci consente di differenziarci da lui.
Avere rispetto per le rispettive storie, a partire dal rispetto per la nostra storia che a volte porta con sé altrettanti eventi traumatici, permette di ascoltarci e ascoltare l’altro nella propria unicità.
Dove l’altro di partenza siamo noi stessi.
Accogliere i propri bisogni, saper rispondere ad essi, conoscerne le funzionalità, garantisce al bambino di averne una relazione con i propri genitori basata sulla sincerità delle parti in gioco.
Cosa accadrebbe infatti se non riuscissimo, senza nemmeno saperlo, a rispondere ad una paura del nostro bambino solo perché a noi è sempre stato detto di essere forti e di superare tutto da soli, a denti stretti?
Quale conseguenza potrebbe avere il non riuscire a scorgere il dolore dietro ad una manifestazione (comportamentale) di rabbia solo perché a noi è sempre stato detto che la rabbia è un’emozione da reprimere e non si può provare dolore mentre stiamo gridando contro qualcuno?
E allora transitiamo insieme verso l’ultima “regola” che più vuol essere un suggerimento, un atto di cura verso noi stessi e l’altro.

5. Chiedendo aiuto
A questo punto questa regola sembra quasi scontata e forse diventa anche uno dei punti sulla quale non è possibile soprassedere quando si decide di diventare genitore, in qualsiasi modo una persona decida di diventarlo.
Forse tante volte ci siamo detti che non ci serviva, che tutti i genitori alla fine ce l’hanno fatta, che è uno dei “lavori” più naturali del mondo, ma ormai avrai compreso quanto questo non sia affatto così, quante componenti ci sono all’interno di questa esperienza, ancor prima di viverla e quanti ostacoli possono presentarsi nel corso di questa avventura.
A questo punto sai anche quanto tu possa fare per cambiare le cose, per rendere l’esperienza molto più ricca di quello che ti immagini, a partire da te.

Spero davvero che tu abbia potuto approfondire dentro di te come comportarsi con i figli adottivi, partendo da quanto sia importante conoscersi e sapere come comportarsi con te, con il te interiore che è frutto della tua esperienza come bambino.
Se vuoi approfondire la tematica adottiva puoi leggere questo articolo sugli step per diventare aspirante genitore adottivo.
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